Chi è Lorenza Guttadauro, l’avvocata e nipote di Messina Denaro che difende tutti i parenti

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di Felice Cavallaro

Lorenza Guttadauro, 44 anni, tre figli e il marito da poco in libertà. La penalista difende i parenti sotto processo dribblando i paletti del 41 bis, il carcere duro: è il solo parente del padrino a poterlo vedere

PALERMO – Aspettavano tutti che si materializzasse a Caltanissetta l’avvocata-nipote di Matteo Messina Denaro . Ma Lorenza Guttadauro, figlia di una sorella del boss, moglie di un fiancheggiatore condannato a 10 anni in appello e sorella di un altro sospettato già arrestato, non si è presentata. Come lo zio stragista che ha disertato il collegamento audio-video dal carcere de L’Aquila.

Ignaro anche dell’assenza dell’avvocata appena nominata come unico legale. A sua volta decisa a lasciare ancora per un’udienza il campo dell’ennesimo processo in corso per le stragi di Capaci e via D’Amelio a due avvocati d’ufficio. Ma, prima o poi, essendo stata indicata dallo zio, dovrà presentarsi e allora, oltre che i pubblici ministeri, si troverà di fronte un suo collega legato a ben altra famiglia.

Da una parte, l’avvocata Guttadauro, alta, scura, capelli non lunghi, tre figli, un’esistenza dedicata ai parenti sotto processo. Una vita e una professione segnate. Dall’altra, l’avvocato Fabio Trizzino, il genero di Paolo Borsellino, marito della più grande dei tre figli del magistrato, Lucia. Anche la sua una professione canalizzata a senso unico, occupandosi da 25 anni anche per conto dei cognati Fiammetta e Manfredi a cercare perla famiglia Borsellino la verità in aule dove sono stati compiuti clamorosi errori e depistaggi. Storie e vissuti paralleli che potranno incrociarsi come non è mai avvenuto.

Con Trizzino che fa la spola da Roma perché Lucia Borsellino non ne ha voluto più sapere di Palermo. E Lorenza rimasta nella sua città, 44 anni, casa e studio a Palermo, a due passi da Piazza Tosti, lo stesso edificio costruito da suo nonno dove soggiornava da latitante Leoluca Bagarella. Intrecci e misteri, forse casuali. Minimizzati da lei che continua ad occuparsi prevalentemente di guai familiari.

Delle inchieste che hanno colpito la madre Rosalia, una delle sorelle del boss finite al carcere dei Pagliarelli, e del marito Girolamo Bellomo, arrestato nell’operazione Eden 2, condannato a 10 anni in appello, pena scontata, da poco in libertà. Una donna rimasta sola a lungo, rivedendo per anni il suo uomo in tribunale come avvocato e ai colloqui come moglie.

Stessa storia per il fratello Francesco, assistito davanti ai giudici e visitato in parlatorio. Come lo zio Gaspare Como, marito di un’altra sorella del boss. E questo accadrà pure con lo “zio” più famoso di Sicilia. La vedremo in aula sul banco della difesa, ma potrà superare anche i portoni blindati del supercarcere abruzzese, attraversando come se non esistessero le maglie del “41 bis”, il regime che impedisce contatti diretti fra detenuti e familiari. Ma non all’avvocato. Anche se nipote diretta. Ed è questo che pone qualche dubbio, che inquieta tanti investigatori e magistrati impegnati in passato a caccia del boss. La preoccupazione, analoga a quella dei colleghi che adesso setacciano i segreti del boss, è sintetizzata da un ex sostituto della Direzione antimafia di Palermo, Massimo Russo: «Temiamo la beffa e lo scacco matto del padrino appena arrestato». Nato e cresciuto a Mazara del Vallo, per 13 anni segugio dell’imprendibile Messina Denaro, insieme a poliziotti del calibro di Giuseppe Linares, Russo individua nella nomina dell’avvocata-nipote «una mossa che spiazza lo Stato, che rivela un vuoto normativo». Il riferimento è proprio alle strette maglie del cosiddetto «carcere duro», come spiega: «Maglie che si allargano, costringendo a doverci fidare della deontologia professionale dell’avvocata Guttadauro. Ma se il 41 bis nasce per escludere rapporti con il mondo esterno al carcere e, soprattutto, possibili intese sotterranee con i parenti anche durante i colloqui, dovremmo pure porci la questione di un parente-avvocato. Cosa che non ha mai fatto nessuno. Appunto, Matteo Messina Denaro ha trovato il “vuoto” della norma. E lo colma. Spiazzando l’avversario, lo Stato, a rischio scacco matto».

Questione aperta, anche se nessuno può insinuare dubbi sulla deontologia dell’avvocata che cominciò la carriera nello studio di Rosalba Di Gregorio, penalista con il merito di avere svelato i primi errori e il depistaggio sul caso Borsellino. Allora faceva gavetta Lorenza Guttadauro. Poi passata in proprio, mentre il padre, Filippo, scontava i suoi 14 anni di carcere proprio perché citato nei «pizzini» scambiati fra Matteo lo zio e Bernardo Provenzano. Citato in codice, con un numero, «121».

Résumer
Lorenza Guttadauro, 44, is a lawyer and niece of mafia boss Matteo Messina Denaro, navigating the complexities of defending family members under the strict 41 bis prison regime. Despite her connections, she has yet to appear in court for ongoing trials related to notorious mafia attacks. Guttadauro's life is intertwined with legal battles involving her family, including her husband and brother, both facing legal issues. Concerns arise over her role as a family member and lawyer, potentially exploiting legal loopholes, raising alarms among investigators about the implications for state control over mafia connections.